Nell’ormai lontano 2017 ero in cerca di qualcuno che nella nostra associazione avrebbe potuto occuparsi della parte spirituale, visto che il nostro centro olistico è un centro corpo-mente-spirito. Volevo qualcuno che offrisse tecniche di consapevolezza come la meditazione tra i nostri servizi e che avesse quella presenza e quella centratura da aiutare altri a trovare la propria. Io in quel momento della mia vita mi dicevo che potevo occuparmi del settore mentale riguardante la psicologia, anche se ho sempre pensato che la psicologia non è una scienza che si occupa dei processi mentali, ma una disciplina che cura l’anima. Ma non divaghiamo, avevo in mente come responsabile di questo settore una signora che a quel tempo collaborava già con noi per la parte dei massaggi.. tuttavia, questa signora proprio in quel periodo ha deciso che sarebbe andata a vivere in un’altra regione e io mi sono trovata a non sapere assolutamente a chi chiedere di occuparsi della spiritualità. Nella mia zona anche adesso ci sono veramente poche persone che si occupano della parte olistica in modo serio. Dove per serio intendo professionisti che lavorino con tecniche di consapevolezza riconosciute scientificamente, ma anche con pratiche più antiche, però avendo quantomeno un’esperienza seria di questo su di Sé. Ci sono alcuni professionisti, infatti, tra questo anche psicologi, che svolgono il loro lavoro, magari anche tecnicamente bene, ma non hanno nessuna esperienza su di Sé di cosa sia un percorso psicologico, cosa sia lavorare su di Sé, cosa sia un percorso di crescita ed evoluzione o di un percorso che porti consapevolezza alle dinamiche inconsce o interne. E non volevo una persona di questo tipo. Finchè un giorno dopo tanto parlarne con me stessa e con la Presidentessa dell’associazione nonché mia mamma per trovare una soluzione, lei mi guarda e dice: “Ma perché non vai tu ad imparare la mindfulness e poi la proponi in associazione, visto che molti psicologi oggi usano questo tipo di pratiche di consapevolezza?” E in quel momento mi si apre un file, un file che ha incubato per mesi, prima di trovare la strada per essere portato alla realtà, ma di questo ne parlerò in un altro momento… Da lì, però, ho imparato a meditare e a far meditare gli altri grazie ad un Istituto di Neuropsicosomatica di Bagni di Lucca conosciuto come il “Villaggio Globale”, riconosciuto dal MIUR e da molte altre istituzioni. Quindi cosa sono queste benedette tecniche spirituali di consapevolezza? Una prima risposta la puoi trovare in questo mio articolo: “Cos’è la meditazione? Fanne una prima esperienza” e puoi anche collegarti su Youtube al mio canale Piccolo Spazio Psicologia dove trovi sicuramente qualche pratica di breve durata che faccia per te e che ti aiuti ad iniziare. Sostanzialmente, quindi, una pratica di consapevolezza è una tecnica che aiuta a portare attenzione e respiro a ciò che sento nel corpo, nelle emozioni e nei pensieri qui ed ora, senza giudizio, ma con presenza. 1. La prima tecnica che io ho imparato è stata proprio la Mindfulness (o meditazione), cioè il semplice riportare l’attenzione ed il respiro a ciò che sento, che provo, che penso, imparare ad osservare questo lasciandogli la possibilità di manifestarsi dentro di me e anche nel corpo, senza reprimere nulla, senza allarmarmi, senza reagire a tutto ciò. La mindfulness può essere praticata da seduti, da coricati, in piedi, a seconda del tipo di meditazione e del tipo di profondità che vogliamo raggiungere. Nelle meditazioni in piedi sarai molto più presente a te stesso, più in posizione di forza sulle tue gambe, mentre quelle coricate sono molto più regressive, perché quando siamo sdraiati, siamo più vulnerabili e lasciamo tendenzialmente andare di più le tensioni del corpo, impiegheremmo molto più tempo prima che il corpo reagisca infatti ad un eventuale pericolo. La meditazione può essere formale o informale, quindi possiamo sederci apposta in un luogo sicuro, chiudere gli occhi e meditare, oppure portare quella qualità di meditazione nella vita di tutti i giorni, per esempio lavandoci i denti. Prova! Io ho tentato di girarci un video, fa molto ridere!! Ti lavi i denti e intanto porti attenzione al respiro e a quello che sentono i tuoi denti, la tua bocca. Esistono tanti tipi di meditazione o mindfulness: vpassana, zen, yogica con il pranayama, quella che utilizzo io è una mindfulness detta psicosomatica, cioè dell’ascoltare in modo sensibile il respiro nel corpo, più simile forse a vpassana, ma un po’ più movimentata. La meditazione, infatti, non è tutta statica, ossia vi sedete e state fermi per quaranta minuti, ma può essere anche in movimento, quella che faccio io sicuramente, perché altrimenti noi occidentali facciamo molta fatica ad entrarci! 2. Un sottotipo di meditazione che io considero come il secondo tipo di tecniche di consapevolezza sono le meditazioni attive di Osho e non solo sue. Queste sono principalmente meditazioni suddivise in fasi differenti e scandite dalla musica, alcune in piedi, alcune coricati, alcune in movimento, altre più statiche nella stessa meditazione. La meditazione attiva viene spiegata all’inizio e poi eseguita senza nessuna guida e nessuno che interrompe il flusso del sentire, la musica utilizzata è sempre la stessa che cambia nelle varie fasi e solitamente durano all’incirca un’oretta. Molte di queste meditazioni sono molto funzionali per svolgere anche un momento di attivazione emotiva come nella Meditazione Dinamica dove la seconda fase è rappresentata dalla catarsi, ovvero faccio salire una qualsiasi emozione che sento che il corpo vuole esprimere dopo la prima fase e la esprimo, la butto fuori con il corpo, con la voce, con i cuscini che posso picchiare, coccolare, stringere, ecc. Ultimamente, ad esempio, in questa meditazione mi prende la voglia dopo aver molto respirato nella prima fase di mordere il cuscino e lascio che il corpo lo faccia! Poi osservo cosa mi verrebbe da dire intanto che mordo e incontro un: “Ti sbrano!” magari riferito ad una persona con cui ho litigato ed invece che reprimere la mia rabbia e creare tensione in me, o sbranarla davvero J, scarico così finchè l’emozione non è esaurita o finchè non arriva la fase successiva! Il terzo tipo di pratica di consapevolezza di cui ho fatto esperienza e di cui vorrei parlarvi ha a che fare con il percorso di Master che ho deciso di intraprendere per utilizzare le pratiche meditative e corporee all’interno del mio lavoro di psicoterapeuta. Al Master questa pratica viene utilizzata in un seminario apposito, dove si usa principalmente quella tecnica in un ritiro di 3 giorni, questa pratica è il Koan e viene utilizzata all’interno di questa situazione che viene chiamata Who is in? Ovvero “Chi c’è dentro?!” È una pratica molto potente se si riescono a dare risposte che non vengano dalle nostre credenze preconfezionate su noi stessi che ci hanno sempre insegnato del tipo io sono Padma, faccio questo lavoro, ho questi ruoli nella società: figlia, amica, amante di…, ecc ma aprendosi all’esperienza di ciò che si trova al proprio interno ogni volta che ci viene posto il Koan. Che cos’è un Koan?! È una bella domanda J Tecnicamente è un quesito paradossale, esistenziale, una domanda che ti viene affidata dal maestro ad inizio della pratica, una domanda che continui (letteralmente) a porti per liberarti dal condizionamento della mente e per sentire chi sei davvero nella tua essenza. Il trucco è quello di immergerti completamente con tutti i sensi e con tutt* te stess* all’interno, ascoltando la tua energia, la tua consapevolezza, la tua coscienza ed esprimendo come la senti muoversi nel corpo ad esempio. Il maestro che ho avuto dice sempre che una delle cose fondamentali è rivolgere l’attenzione all’interno. La direzione è all’interno. Quindi vengono assegnati Koan come: “Chi c’è dentro?!”, “Chi sono io?!”, “Cos’è l’altro?!”, “Cos’è l’amore?!”, “Cos’è la fiducia?!” e tanti altri, a seconda di cosa è opportuno per te e di ciò su cui necessiti lavorare. In questo terzo tipo di pratica, ti viene chiesto di sedere di fronte ad un’altra persona. La prima persona chiede alla seconda di esplorare il suo Koan per cinque minuti e rimane in silenzio ad ascoltare l’altro, il più possibile neutr*. Osserva l’altro che esplora ciò che trova in Sè e che lo comunica, poi si fa cambio. Si può fare anche davanti ad uno specchio, o ad un muro, ma consiglio sempre prima di avere fatto l’esperienza del ritiro, altrimenti non si conosce come procedere correttamente. Riporto questa pratica perché per me è stata potentissima, la prima volta che ho fatto un ritiro di tre giorni di questo tipo sono arrivata a sentire in profondo la mia vulnerabilità, come se dentro avessi la delicatezza della pelle di un neonato. La seconda volta che ho fatto un ritiro di questo tipo, ho contattato il silenzio e allo stesso tempo la percezione di vuoto e di avere come una galassia in continua espansione all’interno del cuore. L’ultima volta in un ritiro non più di 3, ma di 7 giorni, chiamato Satori, ma con la stessa formula del Koan, ho contattato che la fiducia per me è il mio cuore enorme che mi protegge da ciò che sento a livello vibrazionale che non fa per me. Sono sempre dei processi importantissimi nel cammino della ricerca, che mi hanno portata a riappropriarmi di me e di chi sono veramente. Sei stanc*? Dai, sgranchisciti un attimo! Fa un po’ di stretching consapevole, già quello e qualche respiro profondo possono riportarti in uno spazio di ascolto. 4. Il quarto tipo di tecnica spirituale di cui ti parlo è in realtà una pratica di consapevolezza antica che tradotta dal termine indonesiano “Latihan kejiwaan”, significa allenamento al Sé interiore. In realtà Latihan non è una tecnica, ma un’esperienza completamente spontanea per entrare in contatto con la Presenza che è dentro di noi ed arrendersi ad essa. Vi dico già subito che è una delle mie pratiche preferite, in quando sostanzialmente detta in modo semplicistico e banale, si balla! Non è a dire la verità proprio una danza, ma dalla mia esperienza si lascia una musica di sottofondo, si indossano abiti che non costringano il corpo e si lascia che quest’ultimo si muova come e dove vuole. Noi (la mente controllante) dobbiamo tirarci via di mezzo. Tutto ciò che dobbiamo fare è rimanere osservatori dell’energia vitale che ci si muove dentro e lasciarla accadere. E’ fondamentale che lasci il corpo muoversi come vuole, senza che ti vergogni, senza che ti giudichi, senza che controlli con la mente che passo fare o come muoverti e che ti lasci trasportare dal ritmo della musica e ti perdi in esso. Dopo una mezz’oretta di movimento si svolgono solitamente una decina di minuti a terra in silenzio, dove si osserva il mondo interiore. Questo tipo di pratica di consapevolezza l’ho incontrato per la prima volta durante un ritiro sulla guarigione del bambino interiore chiamato “Primal Feelings” con Svarup e Premartha. Un ritiro per lavorare con tecniche come questa sulle nostre ferite più antiche tra i nostri 0 e 11 anni di vita. Ed ho osservato quanto il mio movimento e la mia energia potesse diventare anche molto animalesca e selvaggia, ma anche molto sensuale. Ad un certo punto ricordo che disegnavo un cerchio con il bacino che si muoveva completamente da solo e all’impazzata e ad un tratto mi sono sentita spinta verso il basso con le braccia, in posizione quadrupede, a toccare la terra e contorcermi. Vi state chiedendo se meditando diventerete matti?!?! Forse un po’ sì :D Ma è bello essere anche un po’ folli! A parte gli scherzi, Forse è meglio chiedersi se non è folle vivere esattamente come se fossimo delle macchine, in automatico, senza sentire sensazioni e emozioni vive, comandati dalla società, dai genitori, dalla religione e via dicendo.. E visto che questa è assolutamente una società malata, che si fonda profondamente sulla scissione tra corpo, mente e spirito, e visto che le malattie mentali aumentano a macchia d’olio, forse provare qualcosa di nuovo non ci farà poi così male! Essere bene adattati ad una società come quella di oggi, purtroppo, non significa assolutamente essere sani, tutt’altro. Ma tornando a noi.. 5. L’ultima pratica spirituale di consapevolezza che vi propongo qui, ma non sono le uniche 5 esistenti, sono quelle che io ho praticato per più tempo e che utilizzo di più su di me e sulle persone che vengono da me, in individuale e in gruppo, perché conosco i loro effetti in prima persona, oltre che averle studiate, è il Tantra. Cos’è il Tantra? E’ una serie di pratiche di consapevolezza e del respiro che sono volte all’espansione della coscienza, dell’energia vitale, o come la vogliamo chiamare e la sua fusione con il Tutto. Per Tutto intendo sia con l’energia delle persone con cui interagisci, sia con la coscienza del tuo amato/a, sia con la natura e l’intero universo. Spesso questa tecnica viene confusa con pratiche sessuali, in realtà Osho in “Tantra. La comprensione suprema” lo spiega bene. Il tantra non è una scusa per fare sesso utilizzando chissà che pratiche, ma è proprio sentire che sei amore e connetterti ed espanderti con ciò che ti circonda travasando questo amore da te all’altro e poi al Tutto e viceversa. Poi si, se vogliamo, il nostro partner può essere considerato la nostra prima forma di fusione con il Tutto, poiché attraverso la sessualità, ma non solo, ci permette di connetterci con delle parti di noi che magari non conosciamo o reprimiamo, ci permette di aprire nuovi canali interni e tramite la sessualità e l’amore ci permette di iniziare ad amare una piccola porzione del Tutto che è incarnata nell’altro. Difficile da capire in modo razionale né?! Quindi si, esistono delle pratiche tantriche che permettono pratiche di consapevolezza di coppia, per portare la meditazione nel modo di amarsi, ma anche nella sessualità. Come guardarsi negli occhi, respirare insieme in modo circolare in due diversi sensi a seconda del se mi voglio caricare di energia, o scaricare, ecc.. Queste pratiche non vengono fatte per fare sesso qua e là, ma per andare in profondità all’interno della relazione d’amore che abbiamo, con lo scopo finale, connetterci e fonderci con l’altro, poiché questo ci porterà a connetterci o fonderci con il Tutto. Più espandiamo la coscienza, più saremo in grado di sentire e rispondere a noi stessi e al mondo in modo congruo, più arricchiremo la nostra sensibilità con quella degli altri e avremmo maggiormente presente i nostri bisogni, ma anche quelli della Terra, delle piante e di tutti gli esseri viventi. Spero che questa escursione ti sia stata utile, e tu? Conosci qualche pratica spirituale di consapevolezza di cui ci vuoi parlare? Se è così lascia un commento nel blog o sui social, ti ascoltiamo volentieri! Nel frattempo un abbraccio, Padma.
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Autore Io sono Sara, dirlo è un mantra! Archivi
Settembre 2023
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